In quella che è stata la campagna elettorale più costosa di sempre, con circa 15.9 miliardi di dollari spesi, includendo le campagne per i congressi e con quella presidenziale che da sola ha raccolto 1.6 miliardi di dollari per la Harris e 1 miliardo per Trump, vincono con largo margine i repubblicani. Che un repubblicano vincesse anche il voto popolare e non solo quello dei collegi, non succedeva dai tempi di George H Bush e consegna a Trump sia la Camera, l’House of Representatives, che il Senato, che era di segno democratico.
Un risultato pertanto netto sicuramente inaspettato in questi termini che impongono una riflessione seria ai Democratici americani. Circa 75 milioni di americani stando agli ultimi numeri hanno votato Trump, nonostante gli oltre 34 capi d’accusa mosse al tycoon, gli hate speech e le innumerevoli documentate inesattezze e bugie raccontate durante la campagna elettorale.
Trump vince attirando il voto dei colletti blu, della middle-class al centro dell’asse politico, in aperta sfida ai media, a gran parte dell’establishment americano anche repubblicano, di cui Dick Cheney e Mike Pence fanno parte e che si erano espressi a favore della Harris.
C’era una volta l’America che si scandalizzava per le avventure extraconiugali di Clinton e che adesso non si scandalizza più neppure davanti agli abusi sessuali acclarati di Trump. C’era un’America che faceva del moderatismo e del politically-correct un mantra e che adesso non si lascia intimorire dal nazionalismo autoritario del nuovo presidente.
Ecco perché’ i democratici appaiono confusi: non sembrano avere risposte ovvie ad uno spostamento di queste proporzioni del voto, non ci sono risposte al perché’ il 33% del voto maschile latino sia passato da Biden a Trump, non ci sono risposte all’erosione sul voto dei neri da Biden a Trump, né di quello delle donne che hanno risposto alla chiamata democratica in numeri nettamente inferiori rispetto alle precedenti presidenziali. Così come non ci sono risposte al perché’ quei giovani che avevano fatto le fortune di Obama e di Biden, adesso siano passati con Trump.
I repubblicani hanno migliorato i loro numeri su tre quarti dei collegi elettorali, erodendo consenso non solo sui territori da sempre democratici ma anche e soprattutto nelle fasce di elettorato a loro sempre favorevoli. Oltre 10 punti percentuali guadagnati in Florida e in Texas, 3 in più in Ohio, 13 nello Stato di New York e 6 punti in Virginia rispetto alle scorse elezioni in cui i democratici speravano con il cambio generazionale di ottenere dei risultati positivi, fanno pensare. Specialmente in Stati come il Texas, la Georgia, da sempre repubblicani, si era intravista nelle elezioni precedenti una tendenza positiva per i democratici che non si e’ solo arrestata ma su cui hanno perso nuovamente molto terreno.
Quella terza via su cui Obama e Blair hanno vinto, non esiste più e ha lasciato il posto ad un emergente estremismo in cui gli indecisi rispetto a molti temi sono in diminuzione. Uno dei temi più importanti per i democratici era la paura per la perdita dei diritti delle donne; quello dei repubblicani l’esistenza di una cospirazione che intende rimpiazzare la popolazione con gli immigrati. I repubblicani sono riusciti a fare della sicurezza dei confini un tema vincente. Uno degli ultimi sondaggi della Gallup mostra che il 55 per cento degli americani vorrebbe vedere il numero di immigrati calare drasticamente. Lo scorso anno era il 41%. Non siamo nuovi a questo tema anche in Europa e anche il Canada, nazione da sempre tollerante, comincia a dover fare i conti con questo tipo di sentimenti.
Questo, insieme all’alto tasso d’inflazione post-Covid, addebitati al duo Biden-Harris, sono stati gli elementi su cui ha battuto Trump nella sua campagna. Un tasso d’inflazione oltre il 20% mentre era cresciuto “solo” del 7% durante la presidenza Trump precedente ha minato fortemente la credibilità dei democratici sul piano economico, seppure i dati in realtà siano positivi, sia in termini generali compreso quello occupazionale. Tuttavia, il potere d’acquisto negli anni di Biden è ciò che hanno sentito di più i cittadini, la cui colpa Trump (e anche Biden per la verità) ha fatto ricadere all’intervento USA in Ucraina e che certamente ne è stata una delle ragioni, insieme agli strascichi del Covid lasciati dalla precedente amministrazione. Non sono quindi bastati una crescita degli stipendi del 19%, non è bastata la crescita dell’occupazione del 12%, il tasso di disoccupazione sceso dal 6% al 4%. Insieme al tasso d’inflazione, l’altro elemento su cui gli americani hanno posto molta attenzione è il prezzo della benzina, salita a circa $5 al gallone subito dopo l’inizio della guerra con un incremento di quasi il 100% rispetto ai prezzi pre-guerra.
Dunque, l’economia è stata davvero il fattore determinante in queste elezioni e la Harris, la seconda donna a non farcela per i democratici nella corsa alla Casa Bianca, ha enormemente sofferto di questo effetto.
Quali conseguenze? Il primo effetto di lunga durata sarà sul sistema giudiziario. Trump ne ha fatto una priorità nel suo primo term, facendo nominare 234 solo tra i giudici federali. Vi sono poi due giudici della Corte Suprema, Alito e Thomas, che potrebbero potenzialmente ritirarsi e dunque, ci potrebbe essere l’occasione per ottenere la maggioranza assoluta per i repubblicani nell’Alta Corte. Ci sono poi almeno 47 posti vacanti nei tribunali di grado inferiore.
È, dunque, molto probabile che adesso le accuse al tycoon cadranno anche rispetto ai fatti del 6 gennaio e che quindi Trump possa farla franca anche rispetto agli altri processi federali in corso. Soprattutto, ciò che si teme davvero è lo spostamento a destra del sistema giudiziario che rischia di trasformare anche il modo di pensare nel lungo termine degli americani.
Cosa succederà poi sul piano della politica internazionale non è prevedibile. Come non è prevedibile se davvero imporrà nuovi dazi sulle merci provenienti dall’Asia – ieri ha annunciato nuove tariffe dal 10% al 20% e dall’Europa. Da questo punto di vista, dobbiamo soltanto sperare che il suo entourage sia abile nel portare il Presidente a più miti consigli.
Si è aperta una nuova era Trump che con un consenso politico e popolare molto superiore a quello precedente può davvero dettare le condizioni anche al partito repubblicano. Già, perché’ se il partito democratico avrà la necessità di ricostruirsi in questi 4 anni, tanta parte dell’establishment repubblicano verrà portato al silenzio sotto i colpi dell’autoritarismo trumpiano. È una nuova era per la democrazia americana che rischia di percuotere la sua già debole struttura interna e portare instabilità sul piano internazionale. In Europa toccherà alle forze progressiste reggere quest’urto, costruire oltre il conservatorismo delle destre parlamentari e assumere un ruolo più deciso sul piano internazionale per rimpiazzare il vuoto che si verrà a creare con l’assenza dell’interlocutore americano. Tocca dunque ridefinire questo nuovo ruolo attraverso un’Europa più federale. Perché una cosa in politica è sicura: il vuoto non esiste.
Sergio Gaudio
Segreteria PD Varese e già Segretario PD USA