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Nell’esperienza amministrativa l’impegno di genere si concretizza su due fronti: il contrasto alla violenza sulle donne e la rappresentanza femminile. Da un lato il sostegno alla Rete interistituzionale contro la violenza di genere, dall’altro il lavoro per scardinare stereotipi , costruire connessioni tra donne nelle istituzioni, in politica, nelle associazioni, per definire percorsi di formazione con l’università, le scuole e le parti sociali, facendo emergere come la violenza contro le donne sia l’esito estremo delle diseguaglianze di genere e ribadendo la convinzione che la politica debba adoperarsi per estirpare le radici culturali che rendono la violenza contro le donne socialmente accettabile e la tengono sommersa. Tutto questo con la consapevolezza che nella realtà non ci sia niente di neutro tantomeno la politica e l’economia… eppure siamo ancora cacofoniche: scienziata, meccanica, avvocata, giardiniera, ingegnera, …” suonano” male e se continuiamo così non suoneranno per niente!

Tutto questo rimane ed è ancor più vero oggi, ma la situazione economica, determinata da un anno di emergenza Covid, pone al centro dell’attenzione la questione economica femminile.

I dati della disoccupazione femminile sono drammatici, in questi mesi l’occupazione femminile è ulteriormente calata, portando il tasso di occupazione delle donne ad essere di 18 punti percentuali più basso di quello degli uomini, il lavoro part time riguarda il 73,2% delle donne ed è involontario nel 60,4% dei casi. I redditi complessivi guadagnati dalle donne sul mercato del lavoro sono in media del 25% inferiori rispetto a quelli degli uomini. A questo si aggiunge che, durante il lock down, le donne hanno dovuto gestire un sovraccarico di lavoro senza precedenti: da un lato sono state più impegnate degli uomini nell’attività lavorativa (il 74% ha continuato a lavorare rispetto al 66% degli uomini), dovendo garantire servizi essenziali in settori a forte presenza femminile (scuola, sanità, pubblica amministrazione), dall’altro, con la chiusura delle scuole, hanno dovuto al tempo stesso assistere i figli impegnati nella didattica a distanza, con un livello di stress elevatissimo per quasi 3 milioni di lavoratrici con un figlio a carico con meno di 15 anni (30% delle occupate). Una vera e propria emergenza sociale, culturale ed economica che non riguarda solo le donne, ma la coesione della nostra società, la costruzione di un Paese equo e democratico. 

È necessario modificare l’organizzazione del lavoro, plasmata sul modello eminentemente maschile con orari molto lunghi e limitate misure di conciliazione. Questo modello costringe le donne alla sovrapposizione del lavoro familiare ed extradomestico nelle stesse ore della stessa giornata; obbligandole a scegliere se abbandonare il lavoro o trasformarlo in part time, quando non siano già state licenziate per le assenze obbligate dal sovraccarico. Sovraccarico mai seriamente affrontato. Il 72% del lavoro familiare e di cura (casa, anziani, disabili) è lavoro né riconosciuto né retribuito, il 65% delle donne fra i 25 e i 49, con figli piccoli fino ai 5 anni, non è disponibile a lavorare per motivi legati alla maternità e al lavoro di cura, mentre in realtà per ogni donna liberata dal lavoro di cura si creerebbero almeno tre posti di lavoro e contemporaneamente si costruirebbe una più avanzata organizzazione di tutta la nostra società. Occorre ripensare il concetto di ‘cura’ che deve diventare responsabilità sociale collettiva, come pratica politica a partire dalle relazioni tra i generi. Con una previsione di contrazione del Pil intorno al 9% per il 2020, l’Italia ha bisogno del potenziale produttivo di tutti e di tutte, di politiche strutturali integrate pensate per contribuire alla prosperità comune

È necessario che le opportunità del Recovery plan diventino occasione da non perdere per cominciare ad aggredire le profonde diseguaglianze di genere che attraversano il nostro Paese e individuare percorsi concreti da proporre anche alla città di Varese. Per questo nel nostro progetto di recovery, ho posto una questione di metodo e non solo di merito, proponendo riforme strutturali anche nell’ambito delle politiche di genere che possono essere realizzate dall’amministrazione comunale. Da qui nasce il progetto di Sostegno all’imprenditoria femminile, con

  • Istituzione di un fondo per sostenere la nascita di imprese femminili, di dimensioni piccole e micro e le start up
  • Facilitazione dell’accesso al microcredito
  • Riduzione di imposte comunali
  • Interventi per la diffusione della cultura digitale, per favorire l’inclusione qualificata, attraverso buoni per l’acquisto di connessione a Internet veloce e di pc/tablet e corsi di formazione 
  • Azioni di comunicazione per la promozione del sistema imprenditoriale femminile 
  • Realizzazione di un ufficio comunale per tutoraggio e accompagnamento a nuove attività imprenditoriali, in particolare per la definizione del progetto imprenditoriale.
  • Istituzione di un fondo e costituzione di un comitato con Organizzazioni Datoriali, Enti e Università per promuovere la carriera scolastica in settori STEM (Science-Technology-Engineering-Mathematics) tramite borse di studio e agevolazioni (trasporti, futuro studentato)

Da sempre, e ancora più nel futuro, la sicurezza economica, il diritto al lavoro, ad un lavoro qualificato e correttamente retribuito, sono condizione per rivendicare ed esercitare i propri diritti, valorizzando la propria specificità di genere, con la certezza che la presenza delle donne in tutte le realtà sociali le rende migliori per tutt*.

 Rossella Dimaggio, Assessora Pari Opportunità

PD Varese