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Tra maggio e luglio di quest’anno l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) ha organizzato un percorso di alta formazione per la figura professionale di Health City Manager. Si è trattato di un percorso volto a formare un profilo professionale innovativo in grado di interpretare, secondo un approccio olistico e multidisciplinare, i bisogni espressi dalle comunità in tema di salute; si tratta di una professionalità trasversale, esperta di architettura e pianificazione urbana, sociologia e psico-sociologia delle comunità, amministrazione pubblica, economia e statistica, prevenzione e promozione della salute, mobilità e trasporti, nutrizione e stili di vita sani.

Il percorso si è articolato in tre corsi di formazione, ospitati rispettivamente dal Comune di Genova, dal Comune di Milano e dal Comune Roma, della durata di 80 ore ciascuno. I partecipanti sono stati selezionati a livello nazionale in base all’età con un massimo 35 anni e ai titoli di studio.

Ciascun corso si è articolato in dieci moduli formativi tematici, che hanno trattato argomenti eterogenei e complementari: gli elementi fondamentali del Sistema Sanitario Nazionale, l’ordinamento degli Enti Locali e il funzionamento della finanza locale, l’educazione sanitaria e la comunicazione, la promozione di stili di vita corretti e di pratiche sportive e motorie inclusive, la cultura alimentare e la nutrizione, gli impatti di salute all’interno dei progetti europei per le città, la mobilità sostenibile, le strategie di pianificazione urbana e architettonica orientate alla promozione e alla tutela della salute, la prevenzione delle malattie trasmissibili e di quelle croniche non trasmissibili, la vulnerabilità e l’inclusione sociale, la cultura del dato di salute e alcuni elementi di economia sanitaria.

Il corso si è concluso con l’elaborazione di una proposta progettuale, presentata di fronte a tutta la classe, e con un esame.

Durante gli undici fine settimana che abbiamo trascorso assieme, abbiamo avuto modo di approfondire come la salute possa essere intesa come un bene comune. Ma in che senso? 

Una delle definizioni più note di bene comune è quella proposta dalla costituzione pastorale “Gaudium et Spes”, frutto del Concilio Vaticano II, la quale afferma che “il bene comune è l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”. L’ordinamento italiano non ne fornisce una definizione, tuttavia la Commissione Rodotà, nominata dal governo Prodi II nel 2007 con lo scopo di redigere uno schema di disegno di legge delega per la riforma delle norme del Codice Civile sui beni pubblici, ha definito i beni comuni come “cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona. I beni comuni devono essere tutelati e salvaguardati dall’ordinamento giuridico, anche a beneficio delle generazioni future”.

In questo senso, è evidente come la salute possa essere considerata un bene comune. 

La salute è un bene comune perché è funzionale all’esercizio dei diritti fondamentali: se si è malati, ad esempio, si sta a casa da scuola e quindi non si esercita il diritto all’istruzione. Inoltre, la salute è un bene comune perché è funzionale al libero sviluppo della persona: chi deve fare la dialisi ogni due giorni, ad esempio, è vincolato a non allontanarsi troppo da una struttura che disponga delle attrezzature e delle professionalità necessarie. Infine, la salute è un bene comune e deve essere salvaguardata a beneficio delle generazioni future: abbiamo tutti visto, durante la pandemia, come siano stati proprio i più giovani a soffrire maggiormente per via delle condizioni di vita imposte dalle misure di contenimento dei contagi.

Ma in concreto, cosa fa un Health City Manager?

L’HCM, attraverso politiche di prevenzione, ha come obiettivo quello di garantire il miglior stato di salute delle persone nelle città.

Ma la figura dell’ HCM non si interessa solo di salute in termini sanitari ma va oltre soffermandosi sul concetto di ‘benessere’ inteso come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia”(definizione OMS). 

Insomma, salute a 360 gradi e non solo assenza di malattia.

L’obiettivo è quello di adottare scelte che contemplino una visione strategica delle città con azioni coordinate che vanno dall’incremento della rete urbana di trasporti, al miglioramento della qualità del verde urbano fino alla promozione delle attività sportive.

Tutte queste scelte contribuiscono alla creazione di città Sane, cioè città che migliorano continuamente quegli ambienti fisici e sociali ed espandono quelle risorse collettive che consentono alle persone di sostenersi reciprocamente nello svolgimento di tutte le funzioni della vita e nello sviluppo al massimo delle loro potenzialità. 

E a Varese?

A Varese qualcosa si sta muovendo: lo scorso 22 ottobre il comitato “Varese in salute” ha organizzato in sala Montanari un seminario dal titolo “Verso un nuovo modello di health city”, durante il quale alcuni dei partecipanti al corso ANCI (tra cui chi scrive) hanno presentato alcune proposte concrete, tra cui palestre a cielo aperto, educazione sanitaria, prevenzione del diabete e costruzione di un sistema informativo per una prevenzione più mirata in base agli stili di vita. 

Cosa ci riserva il futuro?

Innanzitutto, occorre rilevare come il disegno di legge frutto dei lavori della Commissione Rodotà non sia mai stato discusso dal Parlamento dopo la caduta del governo Prodi II e con l’avvento del successivo governo Berlusconi III. Tuttavia,  la giurisprudenza civile italiana ha accolto esplicitamente la nozione di “beni comuni” nella definizione data dalla Commissione Rodotà, ad esempio con l’affermazione delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione n. 3665 del 2011, secondo cui devono ritenersi comuni, prescindendo dal titolo di proprietà, quei beni che risultino funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività ed alla realizzazione dello Stato sociale.

A questo proposito, sarebbe auspicabile riprendere quel testo e approfondirlo: se la pandemia ci ha insegnato qualcosa, è proprio l’importanza di considerare la salute e il benessere un bene comune e non qualcosa di individuale e privato.

In secondo luogo, occorre cogliere le diverse sfaccettature della salute: tanti dei progetti attualmente in via di realizzazione a Varese possono offrire opportunità molto interessanti per la promozione della salute, a partire dalle infrastrutture di mobilità dolce e pensare ad un progetto che sia in grado di collegarle fra loro trasformandole in ‘infrastrutture verdi lineari’ in cui poter praticare sport dal lago alla montagna.

Infine, molto di più si può immaginare grazie alla manifestazione di interesse finalizzata all’acquisizione di idee progettuali nell’ambito del bando “piazze aperte”: tra le dodici aree disponibili sono presenti parchi, sentieri urbani e campi da gioco. Perché non immaginarne una riqualificazione che abbia come prima finalità la promozione della salute dei cittadini?

Valerio Langè(componente della direzione del circolo di Varese del PD)

Maria Paola Cocchiere(consigliera comunale di Varese)
PD Varese