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La lettera sotto risale ad aprile 2021, quando, nonostante tante soluzioni teoriche sbandierate in conferenza stampa, queste non riuscivano a realizzarsi. È passato ormai più di un anno da quei giorni e nel susseguirsi di avvenimenti che, purtroppo, sempre più hanno alimentato un senso di tensione e quasi di impotenza da parte dei lavoratori. Penso che questo scritto, in quello che rappresenta nel consolidato stato delle cose nel rapporto con lo Stato, sia purtroppo ancora attuale.

Se dovessi paragonarlo ad un rapporto di coppia prenderebbe le sembianze di un rapporto sadomasochista dove lo stato pare nelle sembianze del sadico della coppia e il lavoratore quelle del masochista. Mi permetto di ricordare però che senza il masochista il sadico non può esistere e ne diviene in realtà fragile. Da questo, a chi vuole farlo, la libera riflessione!

Emanuela Dyrmishi

<< Gentili signore, egregi signori,

La presente lettera prende le mosse dalla fonte del diritto primaria in Italia: la Costituzione. Secondo l’articolo 21 “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.” La presente lettera non intende suscitare polemiche ma far riflettere su un sistema che ha preteso il rispetto di doveri senza garantire i diritti. Mi riferisco soprattutto alla categoria sanitaria che rappresento, ma anche a tutti quelli che per il bene della comunità hanno continuato a lavorare garantendo la presenza sul posto di lavoro.

Mentre siamo stati acclamati come eroi, in quanto abbiamo sempre garantito la continuità sanitaria assistenziale, nel contempo noi e i nostri figli siamo stati abbandonati a noi stessi. Ci troviamo nella situazione in cui garantiamo la nostra presenza sul luogo di lavoro, ma ai nostri figli non è garantito l’accesso a scuola. E’ venuto a cadere anche l’aiuto del “bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting” perché di fatto le baby sitter si rifiutano di entrare nelle nostre case in quanto siamo ritenuti, proprio a causa del nostro lavoro, maggior eventuale veicolo di contagio.

In questo modo viene calpestato l’articolo 4 della Costituzione: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.” Siamo invece nella circostanza in cui il Governo e la Regione, invece che promuovere il nostro diritto al lavoro, lo rendono difficoltoso se non impossibile. Le ordinanze che vengono emanate da un giorno all’altro, oltre a mettere in ginocchio le famiglie che lavorano, ledono gravemente i diritti dei minori. In palese violazione degli articoli 3 e 34, l’accesso alla scuola viene garantito soltanto ai bambini con certificazione di disabilità o bisogni educativi speciali, dimenticando tutti gli altri.

Art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” 

Art. 34: “La scuola è aperta a tutti.”

Ricordo, infine, che, nel caso un dipendente dello Stato agisca in contrasto con la Costituzione ne risponde personalmente, secondo l’art.28: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.”

Da ultimo sottolineo che la recente giurisprudenza ha anche stabilito (Tar Lazio ord. N. 01947 e 00872 del 2021; Giudice di pace Frosinone sent. n. 516/2020 del 29 luglio 2020;  Trib. Roma, Sez. 6° Civile, n. 45986/2020 R.G. del 16 dicembre 2020) che l’obbligo di permanenza domiciliare sarebbe in contrasto con la Costituzione, in quanto indicato in un DPCM, atto di sua natura amministrativo, quando per le restrizioni relative alla libertà personale è predisposta la cd. “riserva di legge” proprio per evitare abusi da parte dell’esecutivo. 

Di conseguenza, sottolineo che, dal nostro punto di vista, ci è negata la possibilità di svolgere adeguatamente il nostro lavoro, considerato “essenziale” in quanto ci troviamo nella situazione di dover scegliere tra l’accudimento dei figli, ai quali, nel contempo, è negato l’accesso alla scuola, e continuare a prestare la nostra attività lavorativa. È quindi necessaria una presa di posizione su tale paradosso, in modo che, nello svolgimento del nostro dovere professionale e genitoriale, siano anche garantiti i nostri diritti. >>

PD Varese