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Questo decreto non serve a ridurre il gap infrastrutturale del Mezzogiorno, non serve a migliorare la mobilità degli italiani, non serve a ridurre l’inquinamento, né a velocizzare il trasporto merci. Nulla di tutto ciò. Non serve nemmeno a realizzare, secondo le promesse della destra, un collegamento stabile tra la Calabria e la Sicilia. 

Questo provvedimento, così fortemente voluto dalla destra e dal ministro dei Trasporti Salvini e contro il quale ci siamo battuti in Parlamento, serve soltanto a riportare in vita la Società Ponte sullo Stretto e a resuscitare un progetto del 2011 già bocciato dieci anni fa dal governo Monti. Il decreto, dunque, non fa altro che rimettere in moto un processo di valutazione e preventivi, senza indire una nuova gara, ma basandosi su quella vinta nel 2005 dalla Società Ponte sullo Stretto del consorzio Eurolink (oggi Webuild). Un progetto di ponte a un’unica campata che aveva sollevato allora, e continua a farlo oggi, enormi dubbi di fattibilità tecnica e di impatto ambientale.

Durante le audizioni nelle Commissioni Ambiente e Lavori pubblici, numerosissime sono state le contrarietà evidenziate. Ulteriori dubbi, questa volta di tipo economico, sono stati espressi dal servizio Bilancio della Camera, poiché il costo complessivo dell’opera comprenderà non solo l’aggiornamento dei prezzi dei contratti annullati, ma il meccanismo prefigurato dalla norma ha l’effetto di includere nel costo dell’opera nuove voci di spesa precedentemente non considerate.

I dubbi sulla correttezza del procedimento derivano anche dal fatto che i contratti e gli accordi quadro possono essere modificati senza una nuova procedura d’appalto solo purché l’eventuale aumento di prezzo non ecceda il 50% del valore del contratto iniziale (art. 106 del codice dei contratti pubblici). Circostanza che, appunto, non è per niente sicura. La stima dei costi era stata allora di 3,9 miliardi, divenuti 8,5 miliardi nel 2012, quando il governo Monti decise di chiudere la società e bocciare il progetto. Secondo le stime dei tecnici del ministero dell’Economia, inserite nell’ultimo Def, si calcola che oggi il progetto verrebbe a costare intorno ai 13,5 miliardi di euro, a cui andrebbe però aggiunto circa un miliardo per le opere compensative a terra, per un totale di quasi 15 miliardi di euro.

Ma delle risorse necessarie al momento non c’è un euro. È lo stesso governo a mettere nero su bianco, nel Def, che non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente. Ovviamente, soprattutto durante le campagne elettorali in Calabria e Sicilia, il governo ha promesso che in futuro le risorse verranno trovate. Dove, come e quando, però, non è dato sapersi. Addirittura il ministro Salvini è arrivato a dire che nel 2024 verrà posta la prima pietra e che il ponte sarà transitabile nel 2032. Certo, è lo stesso Salvini che nel 2016 diceva in diretta a La7 che “il Ponte non sta in piedi, e che sarebbe meglio destinare quei soldi a rifare le scuole”. Un curioso caso di conversione lungo la via dello Stretto.

Del tutto assente, inoltre, il protagonismo territoriale. Per coinvolgere i territori abbiamo presentato due emendamenti: uno prevedeva un dibattito pubblico sull’opera, anche al fine di valutare quante più possibili soluzioni progettuali e un secondo che prevedeva la partecipazione a titolo gratuito dei sindaci di Villa San Giovanni e di Messina, i due comuni maggiormente coinvolti dall’eventuale realizzazione dell’opera, nel CdA della società che realizzava l’infrastruttura. Ma la maggioranza di destra li ha bocciati entrambi.

La capogruppo Chiara Braga ha così sintetizzato: “un decreto sbagliato e dannoso, fatto di forzature e sprechi. Un progetto vecchio e irrealizzabile. Una inutile stelletta sulla felpa di Salvini che non risolve nessuno dei problemi di collegamento e sviluppo della Sicilia e dell’Italia”.

Dichiarazione di voto finale a nome gruppo PD Camera Deputati, On. A. E. Barbagallo

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, per l’ennesima volta in questa legislatura, il Governo utilizza lo strumento della decretazione d’urgenza. Andiamo avanti ormai esclusivamente con il binomio incessante decreto-legge e fiducia ogni settimana, o, addirittura, per due volte nella stessa settimana. Nel caso di specie, addirittura, i presupposti della necessità e urgenza vengono utilizzati per un progetto di opera pubblica, senza coperture, tra mille incertezze, che non si sa se mai vedrà il concreto inizio dei lavori, mille incertezze e mille perplessità, a partire dal fatto che viene prevista un’opera che non ha riscontri empirici, che non ha riscontri fisici, che non ha riscontri in natura.

Il ponte più lungo del mondo, ad oggi, infatti, è quello di Akashi, in Giappone, di circa 1.900 metri. Il Governo Meloni propone un ponte ad una campata, con una luce di circa 3.200 metri, pari quasi al doppio del ponte più lungo ad oggi esistente al mondo. E tutti gli studi fatti dai Governi precedenti dimostrano che, con le folate di vento, si è costretti a chiudere anche il traffico lungo il ponte fatto proprio in quella zona. Non hanno ricevuto risposta, in proposito, le nostre domande, avanzate nelle Commissioni parlamentari e nel dibattito d’Aula sulla pregiudiziale e sulla fiducia, a proposito della vulnerabilità sismica e dell’idoneità statica.

Sono stati bocciati tutti i nostri emendamenti, anche con specifico riguardo ai due piloni, alti ben 399 metri – il progettista non ha avuto il coraggio di scrivere 400 metri – e di ben 100 metri più alti della Torre Eiffel. L’opera ricade in una zona di alto valore paesaggistico, con 2 Zone di protezione speciale e 11 Zone speciali di conservazione. Il Ministro Salvini ha avuto il coraggio di dire, nei mesi scorsi, a Taormina, che quest’opera – cito testualmente – sarebbe l’opera più green del mondo. Altro che opera più green!

Per non parlare del parere VIA-VAS. Già il vecchio parere del 15 marzo 2013 imponeva numerosi approfondimenti e chiarimenti su diversi aspetti. Inopinatamente, la risposta a queste perplessità è stato l’articolo 3, comma 6, del testo in esame, che prevede che la valutazione di impatto ambientale debba essere concentrata solo sugli elementi di novità del progetto. Questa, signor Presidente, è una scelta irresponsabile, che presterà il fianco a ricorsi incidentali davanti alla Corte costituzionale, fatti dalle varie associazioni, dai privati e dai subappaltatori. La valutazione di impatto ambientale va effettuata su tutti i contenuti del progetto definitivo integrato e deve prevedere un giudizio complessivo, unitario, sia sull’impianto originario sia sulle prescrizioni nuove ed aggiuntive.

Ancora, le coperture non ci sono, solo un generico richiamo all’accesso ai fondi nazionali ed europei: insomma, carta straccia.

Ancora, abbiamo proposto più volte una specifica vigilanza sulla concessionaria, a proposito dei subappalti, della formazione del personale, del controllo sulla regolare esecuzione del contratto, della regolare manutenzione dell’opera, ammesso che verrà mai realizzata, per non parlare poi delle tariffe a carico dei cittadini. Nessuna risposta.

Ancora, c’è un grande assente nel testo ed è il dibattito pubblico. L’abbiamo ripetuto più e più volte. Mentre la legislazione europea e mondiale va da una parte, il Governo Meloni va dall’altra parte. Per la prima volta, con il decreto legislativo n. 50 del 2016, nell’ordinamento giuridico italiano è stato introdotto il dibattito pubblico. Il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 2018 prevede il dibattito pubblico per tutte le opere stradali e ferroviarie che superano i 500 milioni di euro. A maggior ragione, per l’opera più importante e attesa, il dibattito pubblico va fatto.

Ancora, è insopportabile questo atteggiamento volto alla linea unilaterale e autoritaria, senza il coinvolgimento e la partecipazione degli enti locali. È quello che è accaduto per i sindaci del comune di Messina e di Villa San Giovanni, per i quali non viene prevista la partecipazione, neppure a titolo gratuito, nel consiglio di amministrazione.

A fronte delle evidentissime perplessità che abbiamo evidenziato, il testo che arriverà a breve al voto finale, però, signor Presidente, garantisce alcune certezze, a partire dai compensi dei consiglieri di amministrazione. Inusualmente, viene infatti prevista la deroga, nel testo, al limite di 240.000 euro, che è il tetto massimo per i componenti dei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica. In un momento di crisi come questo, quando tante famiglie non arrivano a fine mese, è una vergogna e ripugna alla coscienza collettiva che venga prevista un’indennità così alta per consiglieri che non è detto che lavoreranno, così come non è detto che inizierà quest’opera. Del pari, è insopportabile che analoghi compensi, in questo caso pari a 500.000 euro annui, vadano ai componenti del comitato scientifico, scelti senza procedura di trasparenza e senza un regolare e naturale coinvolgimento degli ordini professionali.

Ancora, le procedure espropriative: con la dichiarazione di pubblica utilità, prevista nella manovra dello scorso anno, il valore per 1.000 immobili previsti dalla procedura espropriativa è zero; non solo degli immobili, ma anche delle attività produttive e delle famiglie che rischiano concretamente di spostare la loro organizzazione di vita e familiare.

Il Governo non ha avuto neanche un minimo di pietas cristiana per fermarsi davanti all’eliminazione di uno dei cimiteri di Messina, che salterebbe con la previsione di quest’opera pubblica. Più volte abbiamo chiesto in Commissione un ufficio speciale per le espropriazioni per capire cosa sta succedendo, per capire quale è il costo, invece la risposta è stata una procedura farraginosa e volta esclusivamente alla digitalizzazione.

Ancora, l’aumento dei costi del progetto è di circa il 50 per cento, con la scusa di sanare il contenzioso, laddove da nessuna parte era previsto il rischio concreto di perdere quella causa. A proposito del costo dell’opera, Presidente, abbiamo notato delle strane premure da parte della maggioranza che, con uno specifico emendamento, seguito da un pronto parere favorevole del Governo, ha proposto un singolare, cervellotico e, francamente, mai sentito prima doppio adeguamento dei prezzi e delle voci di prezzo. Lo diciamo davanti al Paese: l’interesse pubblico avrebbe imposto di contenere i costi e realizzare un’opera sicura che tuteli l’ambiente e il paesaggio, con un procedimento trasparente. Invece, quell’emendamento tutela tutto tranne l’interesse pubblico! Presidente, certamente quell’emendamento di trasparente non ha un bel nulla.

Concludo. Il Governo ha deciso di andare avanti a colpi di maggioranza, fuggendo il confronto parlamentare e il dibattito pubblico, ma la scorciatoia che prendete oggi vi porterà a sbattere. Sono troppe le forzature sul progetto e sulla procedura e, soprattutto, sui conti che non tornano, quelli del costo dell’opera; inoltre, le coperture non ci sono. Continueremo la nostra battaglia politica dentro quest’Aula ma anche nelle piazze, per avversare questa soluzione nefasta. Per queste ragioni, il Partito Democratico voterà contro il testo all’esame dell’Aula oggi.

Dichiarazione di voto sulla fiducia, On. M. Simiani

Grazie, Presidente. Illustre Presidente e cari colleghi, per la prima volta nella storia della Repubblica, il Governo ha deciso di mettere la fiducia su un provvedimento vuoto, su un’opera che non esiste e che – sottolineo – non esiste nemmeno sulla carta. Che non esista è evidente e lo dicono, anzitutto, le norme presenti, che basta leggere. L’articolo 1 riguarda l’assetto societario della Stretto di Messina Spa, ne disciplina l’attività all’estero e definisce la composizione degli organi di amministrazione e controllo della medesima società. L’articolo 2 ridefinisce il rapporto di concessione fra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e la Stretto di Messina Spa in considerazione delle modifiche, appena citate, apportate alla governance della società. L’articolo 3 dispone che l’opera venga inserita nell’Allegato infrastrutture al DEF, senza, però, specificare costi e, soprattutto, le risorse (su questo argomento torneremo in seguito). L’articolo 3-bis, inserito durante l’esame in sede referente, reca disposizioni volte a disciplinare le procedure espropriative relative alle opere di realizzazione del ponte, prevedendo, in particolare, un apposito spazio Internet per la dematerializzazione dei documenti e delle comunicazioni. L’articolo 4 introduce disposizioni finali e di coordinamento al fine di consentire, in tempi rapidi, l’attivazione della società e la ridefinizione dei rapporti contrattuali stipulati. Poi c’è l’articolo 5, relativo all’entrata in vigore del provvedimento. Presidente, non ci sono altri articoli. C’è, però, una norma non scritta, che è forse l’unica reale motivazione di questo frettoloso decreto, cioè la cambiale di oltre 325 milioni di euro causata dalla liquidazione della società costituita dall’ultimo Governo Berlusconi per realizzare il ponte. Si tratta di spese, per dipendenti, gare e appalti vari, che rischiano di arrivare a un miliardo di euro per il contenzioso con l’ex Impregilo, la società che, oltre 10 anni fa, aveva vinto il bando per realizzare l’opera. Questo decreto, di fatto, risuscita solo questa società.

Se volessimo esercitare il dono della sintesi, potremmo finire qui la nostra dichiarazione di voto, ma sarebbe troppo riduttivo, perché un collegamento sicuro, efficace e stabile tra la Sicilia e l’Italia non merita questo approccio qualunquistico, approssimativo e, francamente, imbarazzante, perché il PD non obietta sull’opportunità di aprire una riflessione seria e approfondita su un collegamento efficiente, stabile, veloce e sicuro tra la Sicilia e la Calabria. L’avevamo fatto. Avevamo fatto uno studio, con gli allora Ministri De Micheli e Giovannini, con la commissione Catalano, che aveva iniziato uno studio serio anche per valutare e comparare l’opera di cui oggi discutiamo. Ma siamo perplessi soprattutto per le modalità strumentali e populiste, per non dire frettolose e controproducenti, con cui è stato fatto questo decreto.

Se leggiamo le agenzie degli ultimi mesi, vediamo che il Ministro Salvini ha passato il tempo, non solo ad approvare e decidere nomine di Stato o ad emanare editti RAI e, soprattutto, ad inaugurare cantieri comunque e ovunque in tutta Italia, l’ultimo proprio ieri, a Firenze – c’ero anch’io – per l’avvio del sottopasso dei treni ad alta velocità. Chiaramente, i cantieri inaugurati sono stati finanziati da altri Governi e, magari, il Ministro, vista l’abitudine di rivendicare meriti altrui, non era forse a conoscenza che per realizzare un’opera, occorre prima di tutto stimarla dal punto di vista economico e, poi, reperire le risorse. Infatti, nel caso di Firenze non solo siamo riusciti a destinare risorse, ma soprattutto abbiamo concertato con il territorio quell’opera così importante per la stessa Firenze. Nelle ultime settimane il costo del ponte – faccio un esempio a differenza di quello di Firenze – sarebbe lievitato da 13,5 miliardi addirittura a 14,5 senza considerare le opere accessorie. Che le cifre ballino è normale, ma non sappiamo neppure di che infrastruttura si tratti realmente, perché, ad oggi, nessuno ce l’ha spiegato. Ammettiamo, usando il pressappochismo, che per questo Governo i costi girino intorno ai 14 miliardi, euro più euro meno. Purtroppo, però, anche in questo caso, nessuna risorsa è stata reperita e individuata ed è lo stesso Governo a certificarlo nel DEF. Infatti, dichiara che ad oggi non esistono le coperture finanziarie e lo mette nero su bianco sul DEF. Non è solo una questione di rimandare l’opera al prossimo anno: le risorse non ci sono per tutta la legislatura. E lo spiegate bene. Qualcuno dice che è ovvio che manchi la copertura per il ponte sullo Stretto e che sarà reperita nella legge di bilancio, ma avete fatto così per una serie di opere e questo libro dei sogni non porterà a nulla, perché per fare un’opera del genere ci vogliono tante, tante, tante risorse. Peccato, infatti, che questo tecnicismo finanziario sia già stato utilizzato spesso per recenti conferenze stampa e altre dichiarazioni. Credo che in questo caso il Ministro Salvini sia chiamato poi a osservare le promesse che ha fatto. Vedremo se nella legge di bilancio si concretizzerà tutto questo e, soprattutto, cercheremo di capire, in base a questo libro dei sogni che più volte il centrodestra dichiara, se ci sarà tutto, compresi quota 100, i 1.000 euro sulle pensioni; i 10.000 euro sugli sgravi fiscali per figlio, alla flat tax per tutti e, logicamente, pensiamo anche alle grandi opere, compresa quella del ponte sullo Stretto. Infatti, con questo decreto non è in gioco, come dice qualcuno, soltanto la credibilità del Ministro Salvini, ma soprattutto dello stesso Governo a realizzare quanto promesso in campagna elettorale.

Tornando al merito del provvedimento, va rimarcato come in questo decreto, il cui obiettivo annunciato è quello di superare il gap infrastrutturale decennale del Sud, si sia significativamente ignorato il confronto in questo caso con gli enti locali. Questo confronto non è stato assolutamente voluto. Il protagonismo territoriale, indispensabile in questi casi, è stato infatti colpevolmente dimenticato, prima nel testo del decreto licenziato dal Consiglio dei ministri e, poi, respinto nonostante gli emendamenti presentati dall’opposizione e in particolare dal Partito Democratico. Sono stati infatti bocciati dalla maggioranza due emendamenti presentati dal PD, che prevedevano un dibattito pubblico sull’opera e la partecipazione a titolo gratuito dei sindaci di Villa San Giovanni e di Messina nel CdA della società che realizzava l’infrastruttura. È evidente ancora oggi che per la maggioranza l’opera sia soltanto uno spot e, quindi, non si voglia la partecipazione delle comunità locali e degli enti territoriali, che potrebbero facilmente e rapidamente confermare e svelare il bluff.

Ma non finisce qui. Il decreto, pur essendo vuoto di progetti e di risorse, è comunque ricco di errori procedurali, che potrebbero aprire addirittura contenziosi con l’Europa per colpa anche delle modifiche apportate dalla stessa maggioranza in fase di discussione in Commissione. La modalità con cui il Governo ci ha portato all’approvazione del decreto sul ponte dello Stretto rischia infatti di creare un enorme pasticcio. Potremmo infatti andare incontro a rischi di contenzioso e alla bocciatura da parte della Corte di giustizia europea. L’aggiornamento della progettazione e del cronoprogramma realizzativo potrebbe infatti sfiorare quel 50 per cento dei costi, oltre il quale scatta l’obbligo di una nuova gara. Questo perché il decreto prevede l’avvio di una fase contrattuale e, nello specifico, la chiusura del contenzioso con il contraente generale del 2006 prima che siano noti elementi fondamentali per l’aggiornamento della progettazione e del cronoprogramma realizzativo. Il Governo e i relatori, peraltro, non hanno fornito nessun chiarimento in ordine alle ragioni che li hanno spinti a proporre l’emendamento di adeguamento prezzi, utilizzando il parametro della media delle variazioni percentuali del valore dei primi 4 progetti infrastrutturali banditi da RFI e ANAS nell’anno 2022. Non si capisce perché proprio quei primi 4 e non i primi 3 o i primi 6, una scelta assolutamente discrezionale, slegata dai precetti della logica della trasparenza. In questo decreto mancano, quindi, anche concertazione con i territori e trasparenza amministrativa. Il fatto straordinario è che, in questo scenario sconcertante, la società che realizzerà il ponte ha annunciato che il 9 maggio, tra un anno, verrà posta la prima pietra. Segniamoci questa data sul calendario, il 9 maggio 2024, sperando che non ci sia solamente la prima, ma che ne segua anche una seconda o una terza o, comunque, si porti in fondo anche una dichiarazione, perché credo che questo non accadrà. C’è addirittura una data in termini di cantieri, il 2030, ma il Ministro dice il 2032 per essere sicuri.

Per questi motivi – mi avvio a concludere – voteremo contro questo decreto, perché il dibattito sul miglioramento delle infrastrutture del Sud ed in particolare su un collegamento tra Sicilia e il continente è necessario, ma non può essere affrontato in questi termini, senza definire cosa e con quali risorse realizzarlo, senza concertarlo con gli enti territoriali, senza una tempistica certa dei lavori e degli investimenti. Votando “sì” a questo decreto, inganneremmo ancora una volta i cittadini, che si aspettano riforme efficaci e soprattutto risolti i problemi concreti. Quando abbandonerete questa demagogia e farete proposte serie, coinvolgendo pienamente le comunità territoriali, saremo pronti a discutere con voi delle infrastrutture necessarie alla crescita del Paese e soprattutto di quelle del Sud. Oggi no, non sarebbe serio. I vostri spot elettorali non ci interessano e, per questo, annuncio il voto contrario del Partito Democratico al decreto.

Gruppo Pd – Camera dei deputati 

PD Varese