Cosa indica la sigla LGBTIAQ+?
Le lettere LGBA si riferiscono ad un orientamento sessuale: Lesbiche, Gay, Bisessuali, Asessuali.
T sta per Transgender, per chi non si riconosce nel proprio sesso biologico di nascita, bensì nel sesso opposto; a sua volta una persona transgender può avere un orientamento sessuale etero o omosessuale. Ne segue che identità di genere e orientamento sessuale sono due cose a sé stanti e indipendenti una dall’altra.
I indica le persone Intersex, quella piccola minoranza di persone che presentano variazioni o a livello cromosomico nel proprio DNA o a livello gonadico-ormonale tali per cui è difficile assegnare il sesso biologico alla nascita. In alcuni casi presentano contemporaneamente parte di entrambi i genitali, maschile e femminile, nel proprio corpo.
Q+ sta per “Queer e più” ed indica tutte quelle persone che si sentono parte della comunità LGBTAQ+, ma non pienamente rappresentate sotto una precisa lettera e per questo amano definirsi “fluide”.
Si parla molto di richiesta di diritti per la comunità LGBTIAQ+, ma i diritti si tutelano con le leggi: quali leggi ci sono attualmente in Italia e chi le ha fatte?
Legge 135/90 per prevenire e contrastare la diffusione dell’infezioni da HIV e altre Infezioni Sessualmente Trasmissibili, istituisce negli ospedali centri dove chiunque, gratuitamente ed in anonimato, può fare controlli di prevenzione per HIV e infezioni sessualmente trasmissibili. Questi centri si sono dimostrati molto utili nella recente epidemia di Vaiolo delle scimmie, perché hanno potuto gestire tempestivamente i primi casi, conducendo al tempo stesso una rapida campagna di prevenzione, somministrando il vaccinazione contro il vaiolo.
Legge per la rettificazione di attribuzione di sesso (governo Amato legge 164 del 1982), questa legge prevedeva la possibilità di cambiare nome e sesso anagrafico solo dopo un intervento chirurgico con demolizione dei propri organi sessuali. Negli anni, con sentenze della corte di cassazione nel 2011 e della corte costituzionale nel 2015 n.221, sono state apportate delle modifiche alla legge, introducendo il diritto all’integrità psicofisica della persona transessuale e affermando la non obbligatorietà all’intervento chirurgico per la rettificazione anagrafica. Restano sempre obbligatori la maggiore età della persona, lo svolgere un percorso psicologico, una terapia ormonale, e l’iter legale in tribunale, che permane lungo, laborioso e lascia la persona trans a lungo con documenti non corrispondenti al proprio aspetto fisico. Mentre il termine transessuale pone l’accento su una patologizzazione delle persone coinvolte, la parola transgender invece è di più ampio respiro e può indicare non solo la persona trans che si muove in direzione binaria, ma anche quelle identità di generi diversi (genderfluid, bigender, genderqueer ecc.). Il termine trans* quindi può essere utilizzato come termine ombrello.
E’ importante conoscere la terminologia riguardante l’identità di genere e il percorso di transizione, perché molti attacchi contro la comunità trans sono legati all’uso scorretto e confuso della terminologia o addirittura all’invenzione di teorie gender.
Nel 2013, secondo il Manuale Diagnostico dei Disturbi mentali, si è passati dalla definizione di “Disturbo dell’identità di genere” a “disforia di genere”, intesa non come disturbo mentale, ma come disagio affettivo-cognitivo riferito al vissuto della persona. Solo nel giugno 2018, e riconfermato nel 2021, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha completamente depatologizzato la condizione delle persone trans, eliminandola dalla sezione “disturbi”, per inserirla in un nuovo capitolo detto “incongruenza di genere” e riguardante la salute sessuale.
Legge n.76 del 2016 sulle Unioni Civili, (o legge Cirinnà), istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica “formazione sociale” ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca altresì la disciplina della convivenza di fatto. E’ definita “formazione sociale”, intesa come un’unione solidaristica costituita da due persone maggiorenni attraverso una dichiarazione effettuata di fronte ad un ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. E’ una legge frutto di un compromesso politico che estende alle coppie dello stesso sesso una serie di diritti e garanzie in precedenza riservate solo alle coppie etero sposate, quali l’estensione delle disposizioni riferite al matrimonio nel diritto del lavoro, per esempio, assegni familiari, detrazioni fiscali, permessi e congedi, part-time, licenziamento e dimissioni, indennità.
Che discriminazioni subiscono le persone LGBTIAQ+?
Discriminazioni dirette, quando la persona viene trattata diversamente o, solitamente, peggio solo perché omosessuale o transgender.
Discriminazioni indirette, quando una legge pone in una situazione di svantaggio alcune persone in ragione del loro orientamento sessuale o identità di genere.
Discriminazione con molestia, quando viene messo in atto un comportamento con lo scopo di violare la dignità della persona e creare un clima intimidatorio, ostile, degradante per la vittima.
Le persone LGBTIAQ sono private di alcuni diritti fondamentali senza che abbiano commesso alcunché, in ragione di una sorta di condanna sociale basata su pregiudizi. Le leggi, invece, dovrebbero impedire che si verificassero discriminazioni sulla base dell’identità di genere e/o dell’orientamento sessuale e ciò non solo per tutelare i membri di una minoranza, ma a garanzia di tutta la collettività.
Cosa non funziona in queste leggi?
Le unioni civili non sono equiparate a matrimonio. Come detto precedentemente sono una “formazione sociale” intesa come unione solidaristica, senza alcun riferimento all’obbligo di fedeltà e all’obbligo di collaborazione coniugale quale requisito dell’unione civile. Non compare la parola “coniuge”, non prevede che l’unione civile sia celebrata in forma pubblica, come stabilito per il matrimonio e l’ufficiale di stato civile iscriverà l’atto di costituzione dell’unione civile nel registro delle unione civili. Non essendo equiparate a matrimonio, le unioni civili non sono riconosciute come famiglia e non vedono riconosciuti i diritti della famiglia come recita l’articolo 29 della costituzione. Si crea così una distinzione tra cittadini di sera A (le copie eterosessuali) e cittadini di serie B (le coppie omosessuali).
I figli delle coppie omosessuali restano privi di tutela legale e di diritti nei confronti di uno dei due genitori. Attualmente in caso di morte del genitore biologico, i figli nati all’interno di una relazione omosessuale rischiano, per legge, di essere privati della continuità affettiva con il co-genitore. Negli eventuali ricoveri in ospedale dei figli, il co-genitore non può decidere in merito alla salute del bambino. Il co-genitore non è tenuto ad assolvere a nessun dovere circa il mantenimento dei figli. Un bambino che dichiari di avere “due mamme” o “due papà”, a scuola rischia di subire discriminazioni o di trovarsi a vivere con disagio le relazioni con i coetanei e con gli operatori scolastici. In particolare l’Unione Civile non prevede la “Stepchild adoption”, ossia l’adozione del figlio dell’altra parte. In Italia le “famiglie omogenitoriali”, dette “Famiglie Arcobaleno”, esistono, ci sono, e sono sempre più numerose, ma c’è un vuoto socio-giuridico per il riconoscimento co-parentale dei figli ad entrambi i genitori dello stesso sesso.
Le “famiglie arcobaleno”, per vedere riconosciuta la genitorialità di entrambi i genitori, sono obbligate a ricorrere ad un processo in tribunale. La stepchild adoption sarebbe un vantaggio per i bambini, che già esistono, ed un vantaggio economico per le coppie.
Il tema delle adozioni in generale è uno dei più difficili e delicati. L’adozione coinvolge minori che sono soggetti da tutelare, non da discriminare. L’adozione ha come interesse primario il benessere del bambino: un bambino ha, per legge, il diritto di essere amato, educato, mantenuto, ed istruito e da questo punto di vista non c’è alcuna differenza tra ciò che può offrire una coppia eterosessuale e una coppia omosessuale. Tuttavia in Italia l’adozione in favore del convivente omosessuale del genitore dell’adottando è permessa solo col sistema dell’adozione “in casi particolari” ai sensi della legge sulle adozioni (art. 44 L. 184/1983)
La legge per la rettificazione anagrafica di nome e sesso implica un procedimento molto lungo e comporta a una serie di conseguenze discriminatorie, anche nella vita quotidiana delle persone trans*. Per esempio, l’avere documenti non coerenti con il proprio aspetto fisico impedisce alle persone trans* di avere processi di approccio al lavoro – o alla scuola – sereni e che non portino a esclusioni sociali/lavorative o a “coming out” forzati o a dolorosi “outing”. Ad esempio molte persone trans rinunciano ad andare a votare perché la divisione ai seggi, in base al genere, li mette nella condizione di disagio. Fortunatamente in alcune scuole si va sempre più introducendo la “carriera alias”, procedura ottenuta a discrezione del preside, tale per cui i giovani trans possono frequentare la scuola usando il nome di elezione nel registro degli insegnanti, anche se agli atti figura il nome relativo al sesso assegnato alla nascita.
La legge 135/90, sulla prevenzione HIV, è oramai superata e andrebbe aggiornata dal punto di vista scientifico, sociale e di politiche sanitarie con un potenziamento in tutta Italia della rete di check point per le IST e con la sensibilizzazione all’uso della PreP, profilassi pre esposizione, che in Italia richiede per forza la ricetta di un infettivologo e non può essere somministrata da un medico di base.
Che leggi occorrono?
- Una legge che tuteli i minori di coppie omosessuali e che riconosca la genitorialità di entrambi i genitori.
- Una legge che riconosca i crimini d’odio a sfondo omotrasbifobico per i reati contro le persone della comunità LGBTIAQ+ e crimini d’odio contro le persone disabili.
- Una legge che vieti le terapie riparative, cioè quelle pratiche che si pongono come obiettivo di modificare l’orientamento sessuale di persone omosessuali.
- Una legge che tuteli i neonati Intersex, ovvero quella minoranza di persone alla cui nascita non è possibile assegnare un sesso biologico di appartenenza. Attualmente si assegna il sesso a seguito di un intervento chirurgico, sulla base di protocolli medici, senza rispettare e attendere l’autodeterminazione della persona (una persona intersessuale può avere qualsiasi identità di genere e qualsiasi orientamento sessuale).
- Una legge che introduca l’educazione sessuale, affettiva e al consenso in tutte le scuole di ordine e grado, secondo quanto indicato dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicate nel 2010. Questo insegnamento è presente in varie forme in tutti i Paesi europei per tutelare le giovani generazioni dai rischi del bullismo, del web e delle Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST).
Come la destra attacca la comunità LGBTIAQ+?
I partiti di centro destra, conservatori e cattolici fondamentalisti, sono da sempre contrari all’equiparazione dell’unione civile al matrimonio, alle famiglie omogenitoriali, al cambio d’identità di genere e infine contrari a che si affrontino questi argomenti nelle scuole. Storicamente hanno sempre stigmatizzato gli uomini gay, mentre meno ostili verso donne omosessuali, perché permane nei loro pensieri il concetto di patriarcato, dove la forza maschile deve dominare, con la donna al servizio dell’uomo, sempre pronta a soddisfarlo anche con sesso saffico.
Negli ambienti religiosi c’è ancora il pensiero che l’omosessualità sia una malattia o un cattivo costume da cui si può guarire o essere rieducati. C’è chi, in questi ambienti, pretende di curare con terapie riparative, che gli ordini degli psicologi fortemente condannano, perché contro ogni evidenza scientifica. Queste terapie non curano nulla, anzi hanno effetti negativi, provocano depressione, stati d’ansia, stress emotivi, omofobia interiorizzata e spingono al suicidio.
Similmente non viene compreso il fatto che una persona possa non riconoscersi nel sesso assegnatogli alla nascita, si arriva a definirlo una scelta, un momento passeggero, addirittura una moda.
Il senso di famiglia sostenuto dalla destra è solo fondato sulla tradizione religiosa di padre-madre-figli e basata su un’aleatoria idea di legge di natura, senza considerare che nella cultura occidentale il concetto di famiglia si è evoluto, basando il suo fondamento proprio sulla legge di natura, dove omosessualità e transessualità esistono da sempre, e soprattutto sulla legge dell’amore tra due esseri umani e sull’amore e il benessere che viene dato ai loro figli.
La censura su un episodio di Peppa Pig, in cui compare una “bambina con due mamme”, è esempio eclatante di come queste realtà siano rifiutate, di come permangano pregiudizi, e stigmatizzazioni basate storicamente su dictat religiosi. Dire che un bambino non ha diritto a nascere da coppie omosessuali significa non riconoscere aspetti fondamentali di genitorialità.
Un aspetto importante riguarda l’intenzionalità e l’accidentalità nella procreazione. Tra persone etero, l’atto sessuale non sempre è compiuto con lo scopo di procreare e molto spesso nascono figli non desiderati. L’abbandono di neonati in Italia è di circa 3’000 bambini all’anno. Per le persone etero o omosessuali che ricorrono ad altre forme di procreazione, l’intenzionalità procreativa è ben presente! Ma questo alle destre non importa!
La gestazione per altri, offensivamente chiamata utero in affitto, perché secondo alcuni trasforma la maternità in un business, è una pratica che in altri stati è regolamentata da leggi, regole e costi ben chiari e precisi e utilizzata sia per coppie etero che omosessuali, e sia per single.
In Italia, negli scorsi mesi, in una coppia etero è nata una bambina da una donna che per prima ha avuto un trapianto d’utero, offertole in via sperimentale da un medico chirurgo all’avanguardia.
Dal momento che si trattava di coppia etero, il procedimento è stato visto sotto l’ottica storica di un traguardo medico, senza considerare lo stress della donna che ha generato perché sottoposta al trapianto di un organo ricevuto da una donatrice morta.
La gestazione per altri è un accordo cosciente e concordato tra persone viventi con cui si instaura, per il tempo della gestazione, un rapporto che (a seconda delle leggi può essere previsto un compenso economico stabilito) si basa principalmente su un gesto di generosità e di altruismo. E’ un rapporto che può proseguire nel futuro e trasformarsi in un rapporto di amicizia. Il nascituro può comprendere il dono della vita che è stato fatto nei suoi confronti, senza che nessuno abbia dovuto perdere la vita.
Altro aspetto strumentalizzato dalla destra è il tema dell’interruzione di gravidanza. Accusa lo stato che non dà gli strumenti necessari per aiutare e supportare le donne a mettere al mondo un figlio e al tempo stesso fa sentire in colpa la donna nel prendere questa importante decisione. Il governo ungherese di Viktor Orban, vicino ai pensieri della Meloni, ha varato una legge che obbliga tutte le donne che vogliono abortire ad ascoltare il battito del cuore del feto. Una norma che, secondo Amnesty International, segnala un «preoccupante declino» per i diritti delle donne ungheresi. Inoltre manca alle donne che decidono di abortire, un aiuto psicologico e medico che le supporti e le accompagni in questa scelta.
Manca la percezione dell’enorme rischio di perdere diritti fondamentali per le donne e per la comunità LGBTIAQ+.
Questa legge elettorale mista, maggioritario-proporzionale, regala alla coalizione, che prende anche 1 solo voto in più, una maggioranza stabile, anche se non rappresentativa della metà di tutto il corpo elettorale, permettendo così di promulgare o cancellare leggi a svantaggio di un elettorato non rappresentato e non difeso.
Francesco Guerrieri, Circolo PD Varese