Nelle ultime settimane la Turchia è stata attraversata da proteste su scala nazionale a seguito dell’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu lo scorso 19 marzo. Figura di punta dell’opposizione e del Partito Repubblicano CHP, nonché principale rivale politico del presidente turco Erdoğan, Imamoğlu e i suoi sostenitori hanno respinto le accuse in quanto ritenute puramente politiche. L’arresto arriva, infatti, in un momento particolarmente delicato: nei giorni precedenti, l’Università di Istanbul aveva annullato la laurea del sindaco per presunte irregolarità, compromettendo la sua possibilità di candidarsi alla presidenza del Paese (visto il requisito necessario della laurea). Nonostante i divieti imposti dalle autorità, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza chiedendo il rilascio del sindaco e il rispetto dei diritti democratici, affrontando repressioni violente con gas lacrimogeni, idranti e proiettili di gomma.
Nonostante la convalida dell’arresto nei giorni successivi, il 23 marzo si sono comunque svolte le primarie del partito CHP per designare il candidato alla presidenza della Repubblica in vista delle elezioni del 2028. Imamoğlu, pur essendo l’unico candidato, ha ottenuto un vero e proprio plebiscito con quasi 15 milioni di voti, diventando ufficialmente il candidato presidente dell’opposizione. Nel frattempo, le proteste di piazza si sono intensificate e, secondo le stime più recenti, hanno portato all’arresto di oltre duemila persone, inclusi studenti e giornalisti. Le manifestazioni hanno raggiunto l’apice sabato 29 marzo, con una massiccia mobilitazione convocata dall’opposizione nel distretto di Maltepe a Istanbul. Le immagini della folla oceanica, stimata in oltre due milioni di persone, hanno fatto il giro del mondo.
Un dato interessante di queste proteste è la massiccia partecipazione giovanile e della cosiddetta Generazione Z: giovanissimi nati durante la grave crisi economica degli anni di Erdogan, scesi in piazza per la prima volta, spesso anche molto eterogenei al loro interno ma accomunati da una sola cosa: la voglia di cambiamento e la richiesta di garanzie sul loro futuro. E nel farlo, usano tutta la loro creatività, come testimonia il video divenuto virale di una persona vestita da Pikachu in fuga dalla polizia.
La crisi politica ha inevitabilmente peggiorato anche la già precaria situazione economica. All’indomani dell’arresto di Imamoğlu vi è stato un calo drastico della lira turca, ai minimi storici. Nel frattempo, sono cresciuti gli appelli al boicottaggio economico contro aziende vicine al governo. Campagne sui social e diverse iniziative popolari hanno portato a risultati concreti: ad esempio, la famosa rockband britannica Muse, dopo enormi pressioni dai fan, ha annullato il suo concerto a Istanbul in solidarietà coi manifestanti, poiché gli organizzatori del concerto avevano criticato le proteste antigovernative. Forse un piccolo, ma in realtà grande, contributo in questa lunga battaglia per la democrazia.