In queste settimane si è giocata una partita molto importante per la Moldova, e quindi per noi cittadini europei. Le elezioni presidenziali, vinte dalla candidata europeista Maia Sandu, e il Referendum per inserire nella Costituzione l’obbiettivo di entrare in UE, hanno dato speranza ad un futuro comune con un Paese che con la Russia condivide ancora molto, oltre che la vicinanza geografica.
Come Deputato dei Socialisti & Democratici al Parlamento europeo e Coordinatore del Gruppo nell’assemblea interparlamentare EURONEST ho seguito il voto in Moldavia con attenzione e posso proporvi un breve resoconto.
Innanzitutto, la Moldova è un Paese candidato all’adesione all’Unione Europea. La candidatura è stata concessa a giugno 2022, in parallelo con quella dell’Ucraina, riconoscendo i suoi sforzi nelle riforme democratiche e per l’avvicinamento alle politiche e agli standard dell’UE.
Il 3 novembre 2024, Maia Sandu ha vinto il ballottaggio delle presidenziali con circa il 55% dei voti. Sostenuta dall’elettorato europeista della capitale Chişinău e dei cittadini moldavi all’estero, ha sconfitto lo sfidante filorusso Alexandr Stoianoglo. Sandu ha dichiarato che il suo nuovo mandato sarà focalizzato sull’integrazione europea come obiettivo strategico per il Paese, avanzando verso l’adesione entro la fine del decennio.
La vittoria di Sandu è stata celebrata in Europa, considerata una conferma della volontà del Paese di allontanarsi dall’influenza russa e di proseguire il percorso verso una futura adesione all’Unione Europea.
Sebbene in Moldavia abbia vinto l’Europa, è importante fare alcune considerazioni. La vittoria del Sì e di Sandu è stata possibile solo grazie al plebiscito della cosiddetta diaspora, ovvero i cittadini moldavi che vivono all’estero e senza cui voto l’esito delle elezioni sarebbe stato diverso. I numeri dei risultati elettorali riflettono un Paese diviso tra la prospettiva europeista dei cittadini della Capitale e residenti all’estero e una prospettiva autocratica ed antioccidentale delle regioni periferiche che restano filorusse. Inoltre, le elezioni sono state segnate da accuse di interferenze russe, incluse presunte campagne di disinformazione e tentativi di comprare voti.
I risultati e le modalità di queste elezioni rendono necessaria una riflessione sul futuro di Paesi come la Moldavia o l’Ucraina, così vicini ma allo stesso tempo ancora lontani dall’adesione all’UE. L’integrazione è possibile e desiderabile, ma senza retrocedere sugli standard rigorosi in materia di Stato di diritto e governance. Quali sono dunque le prospettive dell’allargamento dell’UE? L’ultimo Paese ad essersi unito è stato la Croazia nel 2013, da allora tanto si è detto ma poco si è mosso, anche nei confronti a Paesi come il Montenegro che già hanno i requisiti d’accesso. L’Europa deve dimostrare che esiste una reale prospettiva di allargamento lavorando accanto ai Paesi candidati e procedendo alla riforma dei trattati affinché la membership europea non sia una promessa vaga ma un percorso concreto da percorrere insieme.
Come eurodeputato continuerò a sostenere il percorso della Moldova verso l’integrazione europea, perché solo insieme possiamo costruire un’Europa forte ed inclusiva, capace di affrontare le sfide di oggi e di domani in un contesto geopolitico sempre più inquietante che richiede più ampi orizzonti, più coesione, più efficacia: in poche parole più Unione.
Piefrancesco Maran, Eurodeputato PD