Il ministro cognato Lollobrigida, invece di occuparsi di agricoltura, chissà quale competenza ne ha??, insiste nella sua crociata, cercando sponda nella Treccani, che definisce l’etnia come “raggruppamento linguistico e culturale”, senza riuscire a mascherare il fondo razzista delle sue affermazioni, che puzzano di ventennio e leggi razziali.
Il cognato ministro propaganda l’idea che italiane ed italiani siano una sorta di monolite genetico e culturale, immutato nel tempo, un tempo millenario, cosa assolutamente lontana dalla realtà (come per tutti i popoli moderni) come dimostra un minimo di conoscenza della storia della nostra penisola.
La stessa operazione viene tentata dal Lollobrigida quando parla di cultura, non bastava il ministro miculpop Sangiuliano, affermando che vada difesa la nostra cultura, collegandola ad un discorso razziale. Anche in questo caso basta un minimo di conoscenza storica per cogliere come la cultura sviluppatasi nel nostro Paese sia stata e sia (come tutte le culture dal tempo delle prime civiltà mediterranee) frutto di “contaminazioni” e scambi fra culture.
Quello che appare dietro le parole di Lollobrigida è quella paranoia che colpisce i sovranisti, sempre alla ricerca di una purezza originaria e del nemico che la inquina, quell’atteggiamento “provinciale” di chi teme crolli il suo piccolo mondo e quindi cerca chi lo possa salvare: l’abbiamo visto e lo vediamo in tutti i movimenti reazionari, sovranisti e localisti, in Italia e nel mondo, lo abbiamo visto nel fascismo.
Lo leggiamo nelle parole <<appartenenza a cui molti noi siamo legati, io in particolare con orgoglio, alla cultura italiana, al nostro ceppo linguistico, al nostro modo di vivere>> pronunciate dal cognato ministro. Ci sarebbe da chiedersi cosa ne pensano valdostani ed altoatesini o sardi. Ci sarebbe da interrogare l’apprendista nazionalista sul rapporto fra le sue affermazioni e l’Articolo 6 della Costituzione “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”.
Se fra le molteplici definizioni di cultura, utilizziamo anche quella che la definisce come “modo di concepirsi e rapportarsi”, allora di certo la cultura di questo piccolo esponente della destra, il modo di vivere di cui parla, non è la nostra, con fondamenta nella Costituzione antifascista ed aperta al mondo, alla conoscenza, alle relazioni.
La sua cultura non è certo quella dell’Italia di oggi e di domani, sempre più interconnessa al mondo e “meticcia”, sempre più europea.
RED