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Negli scorsi giorni sono avvenuti episodi di aperta apologia nazifascista, ad opera di esponenti di un gruppo noto come Do.Ra., ed episodi di presunta intolleranza sportiva con esponenti della stessa area. Su questo il nostro Senatore Alessandro Alfieri ha presentato una interrogazione che vi documentiamo di seguito.

A seguire una riflessione sulla attualità e la necessità dell’Antifascismo

INTERROGAZIONE CON RICHIESTA DI RISPOSTA URGENTE

Al Ministro dell’Interno

lo scorso 25 aprile in occasione della festa della Liberazione esponenti del gruppo di estrema destra Do.Ra, hanno interrotto le celebrazioni in corso presso il Comune di Azzate, in provincia di Varese, minacciando i partecipanti alle celebrazioni e ignorando gli inviti ad allontanarsi delle forze dell’ordine; 

il predetto gruppo di estrema destra Do.Ra, Comunità militante dei Dodici raggi, è un’organizzazione che, come si legge sul loro sito web, si dichiara “ancorato al fascismo e al nazionalsocialismo” ed ha aperto una sede nel comune di Azzate il 28 ottobre 2022, dopo la chiusura della sede di Caidate di Sumirago, sempre nella provincia di Varese, nel 2017, a seguito di un’inchiesta della Procura di Busto Arsizio;

gli esponenti fascisti di Do.Ra non sono nuovi a manifestazioni provocatorie e violente, basti pensare alle aggressioni ai danni del Vice Questore di Varese risalenti al 4 novembre 2019, mentre il Consiglio comunale era riunito in occasione del voto sul conferimento della cittadinanza onoraria alla senatrice a vita Liliana Segre o ancora alle sistematiche violenze, intimidazioni, e minacce, rivolte al giornalista del quotidiano “La Repubblica”, Paolo Berizzi. A tali gravissimi fatti si aggiungano, inoltre, i continui comunicati stampa intrisi di violenza e, non da ultimo, le rune in onore dei caduti delle SS impiantate nei pressi del sacrario partigiano sul monte San Martino, simbolo della Resistenza nel Varesotto;

occorre evidenziare come l’interrogante, con Atto n. 3-00120, avesse già richiesto al Ministro in indirizzo, a seguito dell’affissione di locandine di Capodanno ritraenti quattro membri delle SS naziste che brindano, l’adozione di iniziative urgenti al fine di porre immediatamente fine alle attività del predetto gruppo neofascista. Tuttavia ad oggi l’atto di sindacato ispettivo non ha avuto alcuna risposta;

 considerato che:

la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del Partito Nazionale Fascista; in attuazione di tale disposizione la legge 20 giugno 1952, n. 645, meglio nota come legge Scelba, ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di apologia del fascismo e punisce con la reclusione da cinque a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 10.329 chiunque promuova, organizzi o diriga le associazioni, i movimenti o i gruppi con carattere fascista;

la predetta legge, modificata poi dalla legge 22 maggio 1975, n. 152, in particolare vieta il perseguire “finalità antidemocratiche proprie del partito fascista” secondo precise modalità fra loro alternative, quali: l’esaltazione, la minaccia o l’uso della violenza quale metodo di lotta politica; il propugnare la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione, il denigrare la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza; la propaganda razzista; l’esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del partito fascista e da ultimo  manifestazioni esteriori di carattere fascista;

come di tutta evidenza le attività compiute dal gruppo di estrema destra Do.Ra rientrano pienamente nelle condotte vietate dalla legge “Scelba” che, inoltre, all’articolo 3 prevede espressamente come nei casi straordinari di necessità e urgenza il Governo adotti il provvedimento di scioglimento e di confisca dei beni delle organizzazioni neofasciste;

si chiede di sapere:

per quali motivi, alla luce dei fatti esposti in premessa, il Governo non abbia ancora provveduto allo scioglimento del gruppo di estrema destra Do.Ra nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 20 giugno 1952, n. 645.

Abbiamo celebrato il XXV Aprile, non solo per ricordare la Liberazione dal nazifascismo, ma per rinnovare quel patto civile che, tramite la Resistenza, attraverso la Costituzione repubblicana, ha permesso di mantenere il nostro Paese legato a quei valori di democrazia e partecipazione popolare che hanno sostanziato la storia di questi anni, quel patto civile che, attraverso le generazioni, ci fa ancora dire ORA E SEMPRE RESISTENZA, quel patto civile che le destre vorrebbero annacquare e poi cancellare.

Nella lotta di resistenza, Partigiane e Partigiani misero in gioco la loro vita, e troppe ne furono perse, per riscattare la libertà, per sconfiggere la dittatura: loro, mentre la monarchia e le classi dirigenti del tempo erano fuggite, mentre il regime fascista repubblichino scriveva pagine di vergogna ed orrore, mentre milioni di persone venivano deportate e sterminate nei lager, loro scrissero pagine di sacrificio, senza la pretesa di essere eroi, ma con la modestia di donne e uomini che seppero non tacere, non essere indifferenti, non essere coscienze silenziose ed asservite al potere ed alla paura.

In questi anni, anche e spesso soprattutto da posizioni di rilievo istituzionale, si è tentato di sminuire, quando non di attaccare, la lotta di quelle donne e quegli uomini, di attaccare la Resistenza, quasi in Italia si fosse combattuta una guerra fra opposte, ma entrambe legittime, posizioni, fra diversi ideali.

Spesso, purtroppo, la memoria della Resistenza è stata chiusa in una configurazione ex-combattentistica celebrativa e retorica, che parla del passato e non a chi pensa al futuro, come le giovani generazioni. Una configurazione ex-combattentistica che avalla l’idea che sia la condizione di combattente, a prescindere dal campo, a definire la categoria di appartenenza e che quindi tutti gli ex-combattenti possano essere uguali. Legare eccessivamente la memoria della Resistenza a fatti bellici, rischia di trasmettere una ricostruzione parziale della lotta di Liberazione, una ricostruzione basata sul senso di sacrificio e dell’eroico, usata da alcuni per contrapporvi una retorica del sacrificio e dell’eroismo di altri, dei fascisti. Erano “tutti giovani, tutti eroi, si sono tutti sacrificati per un ideale”, anche se diverso, sono quindi tutti uguali, dicono da destra.

Non fu così!

Non c’è spazio per una presunta riconciliazione nazionale e per una generica condivisione!

Dobbiamo avere l’orgoglio di ribadire che gli ideali erano da una sola parte, dalla parte della Resistenza, mentre dall’altra vi era il tentativo di mantenere in vita una dittatura moribonda e costata fame, dolori e lutti al popolo italiano e non solo, una dittatura fantoccio e serva del sistema nazista.

Il fascismo ha attraversato storie e vite, con lutti e disastri, ma ad esso si sono opposte antifasciste ed antifascisti che hanno trovato la volontà, la forza e la capacità di opporsi, attraverso un orizzonte di valori e comportamenti su cui la Resistenza si è costruita.

Dalla parte della Resistenza vi erano ideali di vita, di rispetto, di giustizia, dall’altra vi erano simboli di morte, violenza, razzismo, sopraffazione del più forte sui più deboli. Non vi fosse stata la forza di questi ideali, non fossero state le Partigiane ed i Partigiani la parte viva di un popolo che si rialzava in nome della libertà, non avessero avuto al loro fianco operaie ed operai in sciopero per il pane e per la pace, contadini, intellettuali, giovani, non avrebbero potuto quelle relativamente poche migliaia di resistenti tenere testa alle truppe naziste e ai loro servi repubblichini. Non fossero stati parte del popolo, non avrebbero potuto costituirsi le Squadre di Azione Partigiana, le SAP, i Gruppi di Azione Partigiana, i GAP, che nelle città e nelle fabbriche, attaccavano gli occupanti e sabotavano gli impianti bellici, non avrebbero avuto alcuno scampo gli studenti che diffondevano volantini e giornali e le staffette che portavano ordini ed armi. 

Dobbiamo contrastare il revisionismo ed il qualunquismo verso la memoria della Resistenza: in palio c’è il valore ed il senso del paradigma antifascista. 

Dobbiamo evitare un atteggiamento agiografico: ci si è limitati spesso a ricordare la storia bellica, gli episodi di eroismo e sacrificio, filtrando i valori e le ragioni attraverso questi fatti, per cui il gesto antifascista è divenuto talmente esemplare da essere irripetibile, cristallizzando la memoria. 

La Resistenza non fu solo “guerra di liberazione dallo straniero”, a cui anche da destra si può aderire, ma fu cambiamento culturale, politico, sociale ed economico che si infuse nella Costituzione.

Se non fosse stata una lotta di massa, non solo la Resistenza non avrebbe contribuito alla sconfitta del nazifascismo, ma non avrebbe nemmeno innervato di sé la nuova Repubblica Italiana e la nostra Costituzione. Senza la Resistenza non avremmo in questo Paese, anche se molti non l’apprezzano e non la rispettano, una Costituzione che definisce l’Italia una repubblica fondata sul lavoro, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili, una repubblica che, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di idee politiche, di condizioni personali e sociali, vuole rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini.

Ancora una volta è dalla Resistenza che ci viene la forza e l’esigenza di rifiutare che questa Costituzione venga negata nei fatti oltre che travisata nei suoi principi o che una occasionale maggioranza parlamentare ne snaturi le caratteristiche fondanti. 

La memoria della Resistenza è una memoria rivolta al futuro, non è il ricordo romantico di fatti lontani, ma un rinnovare ideali e valori senza i quali non si edifica una società giusta e democratica. La memoria della Resistenza non può essere cancellata o mistificata sulla base di errori veri o presunti del passato, non è la ragione dei vincitori di allora contro i perdenti di allora, la memoria della Resistenza è una cultura che si offre a tutte e tutti affinché il passato e le sue tragedie non abbiano a ripetersi.

La memoria della Resistenza è un progetto, un percorso, una storia la cui prima parola è stata pronunciata 80 anni fa e che ancora continua ad essere scritta da sempre nuove mani, una storia di democrazia, di libertà, di pace, della quale il nostro futuro non può privarsi. 

Ancora una volta, ORA E SEMPRE RESISTENZA!!

Angelo Zappoli, tesoriere Circolo PD Varese 

 

PD Varese